Chantal Lengua

Incenso

Quei bastoncini di incenso glieli aveva regalati suo padre, un uomo complesso ed errabondo di cui si era persa traccia nel lontano 1987. Lisbeth li riportò alla luce durante il trasloco, ancora sigillati in un pacchetto che sembrava fatto a mano, acquistato e spedito da chissà quale altopiano iranico o regione yemenita.

Le mancava, suo padre?

Trent’anni prima aveva cominciato a vociferare di ricchezze perdute e rituali maledetti, a non andare più in ufficio, a girare a piedi nudi e barba incolta proprio lì, a Los Angeles. Poi era scappato. Aveva lasciato il Paese e si era unito a una spedizione nelle pianure eufratiche, senza più fare ritorno. Tornati erano invece quelli della spedizione, che parlavano di lui come un uomo cambiato, un uomo che non era più un uomo; si facevano il segno della croce e usavano parole come “sciamano”, “aldilà”, “sciagura”.

Lisbeth scrollò le spalle e aprì il pacchetto di incenso tirando il filo rosso di canapa che lo sigillava: sfilando fuori un bastoncino, lo vide vibrare nell’aria e spandere impalpabili pulviscoli ambrati. Cercò nella tasca un accendino e lo azionò. La fiamma avvolse il legno odoroso, ma non riuscì ad accenderlo. Ci riprovò, lasciandocela più a lungo. Ma il bastoncino rimase dritto e fino, con l’anima interna non scalfita. Innervosita, ci passò più volte la fiamma per l’intera lunghezza, ma l’incenso, intatto, si ostinò a non prendere fuoco.

Determinata a bruciare l’unica cosa che le restava di suo padre, ne estrasse un secondo. Ma pure quel maledetto, ignifugo come marmo, non si infiammò. Provò con un terzo, invano, e con un quarto. Lanciò a terra il pacchetto, calpestandolo.

Era questo, ciò che le aveva lasciato? Un contenitore di bastoncini rotti, made in China? Un buon baratto, per un’infanzia cresciuta senza di lui.

Fu a quel punto, tuttavia, che sentì diffondersi un aroma orientale, di muschio, di ambra, di sandalo. Tornò indietro: non veniva di certo dai bastoncini d’incenso, ancora intonsi, né dal loro pacchetto, immobile a terra e leggermente ammaccato dal peso della scarpa. Da dove, quindi? Si guardò intorno e vide un rivolo di fumo, capriccioso come un ricciolo, salire dal suo mignolo sinistro verso il soffitto. Corse a mettere la mano sotto l’acqua, ma presto anche le punte delle altre dita cominciarono a sfaldarsi in un filo leggero di fumo e in un odore persistente di incenso e aromi orientali. Cominciò a urlare, agonizzante non di dolore ma di orrore.

E là dove prima stava la mano, fu presto cenere. Là dove prima erano braccia, fu solo profumo incantevole, disgregatore di carne.

La casa profumava, ora, di un odore mistico e dai segreti inviolabili. Tutt’intorno, silenzio.

  1. 1
  2. 2