Chantal Lengua

L'Onironauta

Non avete capito come funzionano, non avete capito cosa sono. Passate un terzo della vostra vita come burattini senza giunture, schiaccianoci di legno, statue di cera. Un terzo della vostra vita in un luogo che non comprendete, da cui traete solo ricordi confusi, fronti sudate o, al massimo, qualche inutile numero da giocare a una lotteria cui non vincerete mai.

Ma i sogni…

Io ho capito come funzionano.

Sono trent’anni che navigo le acque increspate dei sogni come un Argonauta sul Mar Nero: un peregrinare solitario, certamente, e pure estenuante, ma dopo anni di perfezionamento la mia precisione è ormai chirurgica. Ogni notte mi infilo nel sogno di uno di voi, ignari cittadini, russanti ricconi, timide studentesse. Mi infilo nei vostri sogni e ne prendo il controllo. Come siete nudi, come siete influenzabili quando dormite: i vostri traumi vi perseguitano, mutanti, e vi avvolgono nelle loro spire come anaconde boliviane. State lì, tremanti: aprite la bocca per urlare senza che esca suono, correte per fuggire senza che vi spostiate di una spanna, e tutt’intorno il panorama muta stagioni e architetture alla stessa velocità dei nemici che vi stanno inseguendo.

Ma, squarciato il velo trasparente che separa il vostro sogno da quelli di milioni di altri dormienti, eccomi svettare nel vostro.

Io, Onironauta, navigatore di mondi onirici, li modello a mio piacimento, capovolgendo gli ambienti, dissolvendo le forme, imponendo le mie volontà. Supereroe consapevole di sogni inconsapevoli, vi libero dalle angosce notturne o ne creo di nuove; raggiungo il vostro io più intimo, più nudo, influenzando i vostri sentimenti e le azioni che compirete una volta svegli. A quale scopo? Divertimento, naturalmente, lo stesso di un bambino con una lente d’ingrandimento e una colonia di formiche. Mi diverto, a tenervi come marionette legate a doppio filo: vi libero dagli incubi o vi ci ricaccio dentro. Trasformo il giocattolino giurassico di vostro figlio in un Giganotosauro dai denti grossi come la vostra tibia. Oppure mi prendo le mie libertà, sapete, con certe ragazze dagli occhioni da cerbiatto. Ce n’è una, ultimamente: sogna spesso il mare, l’orizzonte, quel bla bla bla di speranza e infinito. Io arrivo, glielo prosciugo, e mi ci diverto un po’. Mi state giudicando? Mentireste se mi diceste che anche voi non lo avete mai sognato.

E quando si hanno i poteri di un dio, il giusto e lo sbagliato acquisiscono lo stesso significato.

Precisione chirurgica, vi dicevo: ultimamente mi sono specializzato nel cercare i grandi uomini del pianeta. I Presidenti, i CEO, quelli che masticano il potere come un bambino la sua gomma. Non è facile identificare l’identità di un sognatore, sapete? Spesso sognano vestendo forme diverse dalla loro: una donna può divenire uomo, un uomo divenire donna. Ma ho localizzato un bel pesce grosso, il Presidente russo, quel Putin, là. Oh, lui è semplice da manovrare. Gli ho messo in testa certi pensieri, certe immagini… sarebbe bello vedere se sfociassero in una guerra, nella realtà.

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Sì, perché, l’unico lato negativo di avere acquisito e affinato i poteri di un Morfeo reale è che il mondo onirico mi ha ormai avviluppato nelle sue anse, nei suoi labirinti psichici, e da trent’anni non riesco a tornare al mondo della veglia.

Ma sapete cosa? A chi interessa tornare a una realtà disgustosamente comune, dove ti dicono di inseguire le tue passioni, ma le tue passioni non sono monetizzabili, dove se mangi troppo ingrassi e se mangi poco il metabolismo si abbassa e poi ingrassi lo stesso, dove per trovare una donna devi avere quindici personalità diverse - marito, padre, cuoco, fotografo, meccanico, idraulico, amante della natura, dei bambini, delle faccende di casa, dei film con Sandra Bullock, - ed essere pure ricco?

No. Io sono un Dio, io sono un Titano, io sono un Alchimista di realtà e Influenzatore di mondi. Io racchiudo il potere della Creazione e della Distruzione, e di voi posso fare ciò che voglio. Non mi credete? Chiudete gli occhi e sarete nel palmo della mia mano: pregherete di non esservi mai addormentati.

 

* * *

 

L’infermiera entra nella stanza dalle pareti acquamarina e l’odore di disinfettante. Un’alba pallida rischiara il viso rugoso del signor Gregor McPhillis, impresso nell’espressione senza vita che hanno i pazienti in coma da decenni.

«Neanche i parenti vengono più a visitarlo», mormora Nancy, controllando la flebo.

«Non corre buon sangue, la figlia lo chiamava megalomane», risponde l’altra. «Pensa te: si è ridotto così senza motivo. Un giorno si è addormentato, e trent’anni dopo è ancora qui».

Nancy controlla la pressione sanguigna e la ventilazione meccanica: è strano vederlo così, con quel tubo che gli esce dalla gola.

«Forse non ci crederai, Annie, ma sono già diverse notti che lo sogno».

«Ah, sì? E che fa?».

Lei abbassa la testa, imbarazzata. «Non… beh, lascia stare», taglia corto. «Diciamo solo che non riesco a togliermelo dalla testa. È come se mi stesse assillando. Mi dà i brividi».

«Ti fa paura un vecchio legato al ventilatore meccanico?». Ride. «Basta staccare la presa, tanto non mancherà a nessuno».

Si allontana, ma Nancy rimane ancora lì. Gli guarda le braccia. Una visione disgustosa prende forma nella sua mente: il ricordo di un sogno, di un incubo. Giungono alla mente anche le sue parole: diceva che era potente, che teneva il mondo in mano, che poteva fare di lei ciò che voleva, ogni notte, e che avrebbe continuato.

In mano tiene un cuscino. Ci metterebbe così poco, a soffocarlo. Nessuno lo saprebbe.

Ma lo appoggia sulla sedia ed esce. Era solo un incubo.

 

 

 

 

 

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