Un'altra stupida app da generazione Z.
YOLI
Titolo rosso su sfondo nero. Font fresco, sbarazzino, a tratti arrogante. Più di un milione di download, rating quattro stelle su quattro. È gratis. La scarico.
Chiede il collegamento a Google o a Facebook. In alternativa, fa creare l’account inserendo manualmente i dati. Ma chi ne ha voglia. Facciamo Facebook.
Un avatar mi saluta, si chiama James Warren, come me. Nome e cognome già inseriti. Posso personalizzarlo. Lo personalizzo.
Taglio capelli, colore. Taglio occhi, colore. Pelle. Altezza. Maglia bianca o maglia blu. Meglio blu. Jeans lunghi. Intanto sotto c’è una musichetta rilassante, come quella della sala d’aspetto di un dentista. La personalizzazione è grossolana: non si possono scegliere tante cose, come la forma del naso o della bocca. Ma va bene, non è The Sims. Andiamo avanti.
“Questa forma ti soddisfa?”, chiede. Confermo.
Il mio avatar può rispondere anche ai comandi vocali. Chiede l’utilizzo del microfono. Confermo.
L’interfaccia è minimale, pulita, con angoli arrotondati e ombreggiature chiare. Sembra quella di Google. Un tutorial mi spiega cosa può fare il mio avatar su Yoli: rendere la mia vita migliore. È proprio lo slogan dell’app, Your life, better, ed è dalle iniziali delle prime due parole che ne deriva il nome, Yoli. Il mio avatar può suggerirmi acquisti intelligenti sulla base delle mie abitudini di consumo, dice. Può interagire con altri avatar nella città e presentarmi persone reali sulla base dei miei interessi. Può anche pagare per me quelle cose che nessuno vuole pagare, come tasse e bollette. Basta collegarlo alle coordinate bancarie.
Sdraiato sul letto, tengo un buco nel calzino e il mondo in una mano. Ma non ho voglia di continuare. Interrompo il tutorial a metà, mi infilo un paio di pantaloni e trangugio la dose mattutina di caffeina. Il traffico di New York mi prende, mi mastica e mi sputa via. Il sole è forte, lo riflettono il vetro e l’acciaio della città attraverso la finestra del mio ufficio. Nella pausa, le solite chiacchiere. Chi ha figli parla di figli, chi non ha figli non parla di figli.
Devo comprare un regalo per il compleanno di Cheryl, devo comprarle un regalo e come ogni anno non so cosa regalarle, ogni volta mi fa quella faccia felice come se quello che le ho preso fosse proprio quello che voleva ma so che non è così e che lo fa soltanto per farmi felice mentre…
«… con Yoli. Io non ci credevo, ho iniziato a crederci quando mi ha fatto guadagnare un sacco di soldi».
«Scusa, cosa hai detto? Ero distratto».