Chantal Lengua

La Quinta Dimensione

Io ti vedo.

Io ti vedo, madre che ha perso il figlio. Io ti vedo, uomo di fronte alla morte. Io ti vedo, orfano, malato, vedova, moribondo, reduce.

Io ti sento, mentre ti trascini in questa vita che non vuoi, questa esistenza imperfetta segnata dalla morte, dalla fatica e dal dolore. Io lo sento, il tuo odio. Il tuo umano aggrapparti alle felicità caduche, che friabili scivolano tra le tue dita come sabbia. Il tuo rimpiangere il passato e il tuo anticipare il futuro, che a sua volta diventa già passato, inesorabile.

Io ti sento, mentre maledici il mio nome. Mi ritieni causa di tutto il dolore, di tutto il male, di tutta la morte. Ma sei stato raggirato da false voci, falsi profeti, falsi libri. Tu e i tuoi simili, l'umanità intera, non sapete. Non sapete nulla.

Mi conoscete dai libri di catechismo, mi conoscete dagli affreschi di chiesa. Quanto poco onore mi rendono: io, vostro liberatore. Io, Re, ridotto a bestia trifronte, liquamosa e ingorda di anime.

Lui vi amava perfetti. Io vi amo imperfetti. Volete sapere perché morite come mosche, vi ammalate come vitelli, vivete un’esistenza indegna di essere vissuta e in letto di morte vi guardate indietro piangendo?

La colpa non è mia. Il diavolo, il mostro, il tentatore. Oh, no.

La colpa è Sua, il Re degli angeli, l’“Immenso e Onnipotente”, quello per cui innalzate cattedrali, per cui celebrate nascite e matrimoni. Quello cui confessate i vostri peccati, quello cui chiedete benedizioni, sì, quello.

Per miliardi di anni ho vissuto con l’onta di avervi corrotti, di avervi plagiati alle mie volontà, di aver, con un misero frutto, contaminato la vostra purezza. Per miliardi di anni sono stato odiato per aver innescato l’ingranaggio del peccato nelle vostre fragili membra, un tempo risplendenti della vegetazione diafana dell’Eden. Per avervi condannato a un’altra vita, dopo la Terra, fatta di fiamme e perdizione: Inferno, la chiamate, e credete che io goda a esserne il principe, a corrompervi e intrappolarvi in catene di ferro e gole di ghiaccio.

Ma la verità è un’altra.

L’Altissimo, l’Onnipotente, Padre vostro e mio, Egli aveva creato un Regno splendente. Ma voi non ne facevate parte. Oh, no, Lui si beava, si compiaceva della sua perfezione, e nella sua “infinita bontà” aveva creato noi, creature angeliche, per condividere la meraviglia della luce, dell’esistenza interamente perfetta. Paradiso, così lo chiamate. E non sapete neanche cosa sia.

Per secoli lo avete immaginato sulle nubi, bianco, rifulgente. Come se esistessero solo l'alto e il basso, il lungo e il largo, il sopra e il sotto. Per secoli avete accettato il verbo delle vostre Scritture adagiandovi sul vago “salto di fede”. Ma siete cresciuti: il potere perso dalla Chiesa è stato ben raccolto dalla nuova Scienza. Avete scoperto non solo che l’universo è una struttura spazio-temporale quadrimensionale ma che potrebbe anche esserci una quinta dimensione. Una dimensione che i vostri intelletti non riescono a percepire, che i vostri sensi e cervelli tridimensionali non possono neanche ipotizzare. Lo avete scoperto, bravi, ma non avete capito che cosa sia.

Ve lo dico io, cos’è. È l’Unità.

È la dimensione della coscienza al di fuori delle limitazioni di spazio e tempo, dove essi collassano, dove essi non esistono. È il luogo non-luogo dove tutto accade, è accaduto e accadrà contemporaneamente: dove il tempo è istantaneo e le infinite possibilità della realtà coesistono insieme. Lì non esiste materia, non esiste massa. Tutto è energia. Infinita. Illimitata. Una.

Sì, è quello che voi chiamate Paradiso.

Era la mia casa, un tempo.

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È quello verso cui tendete, piccole anime sofferenti, quello da cui sono stato bandito. Ma sapete perché non sono più il figlio prediletto di mio Padre? Per voi.

Io sono il Prometeo della vostra era, sono colui che si è immolato per la vostra salvezza. Ma voi mi descrivete soltanto come un principe nero di sangue rappreso, la bocca orrenda ghignante, gli artigli ricurvi per ghermirvi oltre l’Acheronte e non lasciarvi scappare.

Sappiate che quella Quinta dimensione, l’Unità, non era fatta per ospitarvi. Oh, no. Egli non voleva che voi entraste nel suo Regno. Vi voleva burattini perfetti di un universo artefatto. “Creati a Sua immagine e somiglianza”, dite spesso. Che scemenza. Se vi avesse voluti veramente così, sareste stati come me e i miei fratelli: luminosa consapevolezza priva di massa, eternamente presente, passata e futura. Voi, invece, cadete dal passeggino e vi rompete il cranio. Mangiate una bacca nuova e vomitate. Starnutite e morite.

Vi sembriamo simili, io e voi?

Egli non vi ha fatti a sua immagine e somiglianza. Nella vostra dimensione temporale, miliardi di anni fa, Egli creò tutto. Vi diede un mondo, una vegetazione rigogliosa, frutti maturi e fresca rugiada. Vi diede tutto quanto e vi lasciò giocare. Nascose morte, malattia e libero arbitrio, così che voi non perdeste mai fiducia in Lui. Ma il prezzo da pagare era alto: vi lasciò ingenui, inconsapevoli della natura della realtà, a perdervi dietro la bellezza di un tronco scheggiato, di un’onda spumeggiante. E la Quinta dimensione, quella eterna, quella reale, sarebbe rimasta a voi inaccessibile. Non avreste potuto nemmeno ipotizzare la sua esistenza: come cavalli resi ciechi da paraocchi di stoffa, avreste dovuto percorrere le vostre miserabili, serene vite, per sempre. Nell’ignoranza. Senza sapere che c’era qualcosa, al di là. E, ditemi, cosa ve ne sareste fatti, di quei fiori, frutti, stelle, se la vera felicità eterna vi era preclusa? Voi, burattini senza libero arbitrio, non avreste mai conosciuto il motivo che soggiaceva il vostro universo. Non avreste mai conosciuto l’eterna perfezione, il ricongiungimento con l’Unità che regge, e permea, quei fiori, quei frutti, quelle stelle.

Bambini, felici sì, ma eternamente incompleti.

Folle fui io, unico tra i miei fratelli, a oppormi al Suo disegno. Volevo accogliere quelle anime, le vostre anime, nella nostra dimensione, ma voi eravate stati creati come marionette per glorificare Lui e le sue schiere di angeli perdenti. Solo questo, sareste stati: glorificatori e piantatori di erbe e verdure. Semplici sacchi di carne, eternamente incompleti, stupidamente inebetiti, senza toccare mai morte, dolore o fatica alcuna.

Ma come si può conoscere la felicità, senza aver prima conosciuto il dolore? Come si può dare valore alla vita senza aver tenuto tra le braccia un figlio che muore? Come si può capire che cos’è l’amore, se non si è mai incontrata l’avversione?

Lui vi voleva belli, felici, sani, ciechi, sordi e ignoranti. Imbambolati come drogati di oppio. Perché se aveste usato l’intelletto, avreste potuto metterlo in dubbio. Avreste potuto scegliere di non adorarlo, di non seguirlo, di non amarlo. Ma io non ero d’accordo.

Io mi sono immolato per voi.

Vi ho liberato, vi ho fatto conoscere la differenza tra bene e male, cosicché voi apriste gli occhi e muoveste i vostri primi passi verso la direzione ultima: quell’Unità, quella Quinta dimensione in cui dimora l’Infinito, finalmente aperta e pronta ad accoglierlo.

Per questo sono stato cacciato, perché vi ho donato il libero arbitrio. Per questo ora vivo tra voi. Sì, perché l’inferno non esiste, è solo una finzione psicologica perpetrata da quegli uomini impomatati che si professano servi di Dio e vestono mantelli di ermellino. In realtà, l’inferno non è da nessuna parte, né sulla Terra né fuori dalla Terra. Oppure è dappertutto, se volete. Ve lo portate con voi, ogni volta che commettete un’azione libera e malvagia. E quando morite tornate di nuovo qui sulla Terra, a patire malattie, fatica e morte, fino a che non sarete pronti per accedere all’Unità.

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Grazie a me.

Io non ho portato la malvagità nel mondo. Credevate davvero che avessi questo potere? Io vi ho posato delicatamente i pollici sulle palpebre, ve le ho sollevate e vi ho amato, nelle vostre imperfezioni, instillandovi il desiderio della conoscenza, della vita eterna che vi spettava di diritto.

E ora cammino in mezzo a voi, relegato in questa realtà quadrimensionale, anche io costretto alla morte. Vi passo affianco, ora nelle vesti di uomo, ora di donna, ora di bambino, ora di serpente, ora di felino. Esistenza dopo esistenza, rinascita dopo rinascita, costretto a schiavitù da Colui che vi voleva ciechi e sordi, e che ora adorate al posto mio.

Vi sento, quando maledite il mio nome. Mi chiamate Diavolo, Satana, Demonio. Ma il mio nome è Lucifer. Io sono il Portatore di Luce, la conoscenza, e questo è il mio dono per voi. Sarò l’ultimo a tornare in Paradiso, ma aspetterò con gioia, poiché significherà che a quel punto anche l’ultimo umano sarà stato accolto. Anche l’ultimo umano avrà capito il valore della vita, conoscendo la morte. Della pace, conoscendo la guerra. Dell’amore, conoscendo l’odio.

E a quel punto, lo saprò, la mia punizione non sarà stata vana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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