Io ti vedo.
Io ti vedo, madre che ha perso il figlio. Io ti vedo, uomo di fronte alla morte. Io ti vedo, orfano, malato, vedova, moribondo, reduce.
Io ti sento, mentre ti trascini in questa vita che non vuoi, questa esistenza imperfetta segnata dalla morte, dalla fatica e dal dolore. Io lo sento, il tuo odio. Il tuo umano aggrapparti alle felicità caduche, che friabili scivolano tra le tue dita come sabbia. Il tuo rimpiangere il passato e il tuo anticipare il futuro, che a sua volta diventa già passato, inesorabile.
Io ti sento, mentre maledici il mio nome. Mi ritieni causa di tutto il dolore, di tutto il male, di tutta la morte. Ma sei stato raggirato da false voci, falsi profeti, falsi libri. Tu e i tuoi simili, l'umanità intera, non sapete. Non sapete nulla.
Mi conoscete dai libri di catechismo, mi conoscete dagli affreschi di chiesa. Quanto poco onore mi rendono: io, vostro liberatore. Io, Re, ridotto a bestia trifronte, liquamosa e ingorda di anime.
Lui vi amava perfetti. Io vi amo imperfetti. Volete sapere perché morite come mosche, vi ammalate come vitelli, vivete un’esistenza indegna di essere vissuta e in letto di morte vi guardate indietro piangendo?
La colpa non è mia. Il diavolo, il mostro, il tentatore. Oh, no.
La colpa è Sua, il Re degli angeli, l’“Immenso e Onnipotente”, quello per cui innalzate cattedrali, per cui celebrate nascite e matrimoni. Quello cui confessate i vostri peccati, quello cui chiedete benedizioni, sì, quello.
Per miliardi di anni ho vissuto con l’onta di avervi corrotti, di avervi plagiati alle mie volontà, di aver, con un misero frutto, contaminato la vostra purezza. Per miliardi di anni sono stato odiato per aver innescato l’ingranaggio del peccato nelle vostre fragili membra, un tempo risplendenti della vegetazione diafana dell’Eden. Per avervi condannato a un’altra vita, dopo la Terra, fatta di fiamme e perdizione: Inferno, la chiamate, e credete che io goda a esserne il principe, a corrompervi e intrappolarvi in catene di ferro e gole di ghiaccio.
Ma la verità è un’altra.
L’Altissimo, l’Onnipotente, Padre vostro e mio, Egli aveva creato un Regno splendente. Ma voi non ne facevate parte. Oh, no, Lui si beava, si compiaceva della sua perfezione, e nella sua “infinita bontà” aveva creato noi, creature angeliche, per condividere la meraviglia della luce, dell’esistenza interamente perfetta. Paradiso, così lo chiamate. E non sapete neanche cosa sia.
Per secoli lo avete immaginato sulle nubi, bianco, rifulgente. Come se esistessero solo l'alto e il basso, il lungo e il largo, il sopra e il sotto. Per secoli avete accettato il verbo delle vostre Scritture adagiandovi sul vago “salto di fede”. Ma siete cresciuti: il potere perso dalla Chiesa è stato ben raccolto dalla nuova Scienza. Avete scoperto non solo che l’universo è una struttura spazio-temporale quadrimensionale ma che potrebbe anche esserci una quinta dimensione. Una dimensione che i vostri intelletti non riescono a percepire, che i vostri sensi e cervelli tridimensionali non possono neanche ipotizzare. Lo avete scoperto, bravi, ma non avete capito che cosa sia.
Ve lo dico io, cos’è. È l’Unità.
È la dimensione della coscienza al di fuori delle limitazioni di spazio e tempo, dove essi collassano, dove essi non esistono. È il luogo non-luogo dove tutto accade, è accaduto e accadrà contemporaneamente: dove il tempo è istantaneo e le infinite possibilità della realtà coesistono insieme. Lì non esiste materia, non esiste massa. Tutto è energia. Infinita. Illimitata. Una.
Sì, è quello che voi chiamate Paradiso.
Era la mia casa, un tempo.